Il prediabete è una condizione medica in cui i livelli di zucchero nel sangue sono più alti del normale, ma non ancora sufficientemente elevati perché si faccia diagnosi di diabete di tipo 2.
Si correla praticamente sempre a una ridotta sensibilità all’insulina (qui puoi vedere di cosa si tratta) e lo so può considerare una sorta di “ponte” tra uno stato di buona gestione del glucoso nel sangue e il diabete di tipo 2.
Proprio per questa ragione, quando negli esami del sangue il medico ravvisa i segni del prediabete (vedremo poi quali esami è utile fare), è naturale – ed anche utile! – che il paziente si preoccupi.
Tuttavia, contrariamente a quanto pensano in molti, una situazione di prediabete non è necessariamente una condanna inappellabile.
L’evoluzione da prediabete a diabete può essere infatti rallentata, fermata e in molti casi addirittura invertita, modificando il proprio stile di vita, in particolare per quanto riguarda alimentazione e attività física.
Perchè questo capiti, però, è prima di tutto indispensabile sapere se si ha il prediabete.
Sintomi del prediabete
Sarebbe molto comodo se, come per altre patologie, il prediabete si annunciasse con questo o quel sintomo specifico, in maniera tale da prendere immediatamente provvedimenti.
Questo, però, non capita per nulla, anzi!
Secondo le statistiche statunitensi, quasi 1 americano su 3 ha il prediabete, e di questi 8 su 10 non sono ancora stati diagnosticati.
In Italia le cose non sono così drammatiche da un punto di vista della quantità di persone affette, ma da un punto di vista delle diagnosi mancate siamo invece sulla stessa barca.
Il fatto è che il prediabete può andare avanti assolutamente asintomatico per anni, e nel frattempo il controllo della glicemia peggiora all’insaputa di chi ne soffre.
Fino a che, un bel giorno, si fanno degli esami di routine e ci si scopre con la glicemia a 110.
Sarebbe invece utile coglierlo nelle sue prime fasi, perché questo aumenta di molto le possibilità di evitare che si trasformi in diabete.
Da qui, l’importanza di:
- Individuare i soggetti più a rischio di prediabete, e quindi sottoporli a esami specifici
- Fare controlli ematochimici periodici e specifici che valutino la resistenza all’insulina
Fattori di rischio per il prediabete.
- Ereditarietà: In particolare se hai parenti di primo grado, come genitori o fratelli, con diabete di tipo 2, potresti essere a rischio maggiore.
- Sovrappeso o obesità: l’ eccessivo accumulo di tessuto adiposo è, allo stesso tempo, causa e conseguenza dell’insulino – resistenza. Quando poi l’accumulo avviene soprattutto a livello dell’addome (il cosiddetto grasso viscerale), il rischio è ancora più elevato.
- Sedentarietà: La mancanza di attività fisica influisce negativamente sulla sensibilità all’insulina e sul controllo del glucosio nel sangue.
- Alimentazione ricca in zuccheri e carboidrati: questo tipo di alimenti innalzano glicemia e insulinemia, contribuendo in maniera determinante al circolo vizioso della insulino-resistenza.
- Età: per ragioni legate all’evoluzione della nostra specie, diventiamo con gli anni molto meno responsivi all’azione dell’insulina e più propensi ad accumulare peso. Da qui, l’aumentato rischio di diabete.
- Condizioni cliniche associate: l’ovaio policistico, il morbo di Cushing, precedenti clinici di diabete gestazionale, lunghe terapie con cortisonici, sono alcune delle principali condizioni che aumentano il rischio di insulino resistenza e quindi di prediabete e diabete.
Ecco quindi che, quando in studio mi trovo per esempio a visitare una donna di 50 anni con una decina di chili sovrappeso e uno stile di vita sedentario, le prescrivo fra le prime cose degli esami di approfondimento per valutare la sua situazione metabolica.
Quali?
Prediabete ed esami del sangue
Molte volte, tanto al paziente come al medico, basta vedere una glicemia a digiuno normale (<100) per pensare che non ci sia alcun problema da un punto di vista del metabolismo del glucoso.
Si tratta di un errore!
L’insulino resistenza comincia infatti a radicarsi ben prima che la glicemia a digiuno risulti alterata.
Anche anni prima, a volte.
Ed ecco così che, quando il paziente ha una glicemia a digiuno di 109-110 ed è quindi probabilmente già prediabetico, si è perso ormai tanto tempo!
I principali (e più utili) esami per stabilire tempestivamente il livello di sensibilità all’insulina e quindi la predisposizione a sviluppare prediabete e diabete sono l’emoglobina glicata (HbA1c), il test di tolleranza al glucosio (OGTT) e l’HOMA
- Emoglobina glicata (HbA1c): L’HbA1c è quella quota di emoglobina che si trova legata al glucoso dentro i globuli rossi. Poichè questi vivono circa 90 giorni, ecco che HbA1c è un indicatore della media dei livelli di glucosio nel sangue nel corso degli ultimi 2-3 mesi. Un valore di HbA1c compreso tra il 5,7% e il 6,4% viene generalmente considerato nel range del pre-diabete. Un valore superiore al 6,5% potrebbe indicare una diagnosi di diabete (approfondisci l’esame della Hb Glicata su questo articolo)
- Test di tolleranza al glucosio (OGTT): Si effettua misurando il livello di glucosio basale nel sangue a digiuno, e poi due ore dopo la somministrazione di un liquido carico di glucosio. Un valore a digiuno tra i 100 e i 125 mg/dL e un valore dopo 2 ore compreso tra 140 e 199 mg/dL indica possibile prediabete.
- HOMA (Homeostasis Model Assessment) : L’indice ‘HOMA si calcola mettendo in relazione i livelli di insulina a digiuno e di glucosio a digiuno misurati nel sangue. Praticamente, ci dice quanta insulina è necessaria per mantenere un certo livello di glucoso. In generale, un valore di HOMA-IR (indice di resistenza insulinica) superiore a 2,5-2,7 è spesso associato all’insulino resistenza e al pre-diabete (approfondisci l’Homa)
Ok, ho l’Homa alto! Che faccio? – Terapia del prediabete
Ai miei pazienti che scoprono di trovarsi in una condizione di insulino resistenza o pre-diabete, consiglio sempre di preoccuparsi ma non spaventarsi.
E’ necessario infatti evitare due estremi opposti:
- Che la diagnosi venga vissuta con grande angoscia, come se fosse una condanna inappellabile quando invece non lo è affatto. Come detto, infatti, il prediabete si può rallentare, fermare o addirittura invertire
- Che, proprio per l’assenza di sintomi di cui abbiamo parlato prima, la diagnosi venga invece presa sottogamba, “tanto mi sento benissimo, dottore!“
Voglio, insomma, che il paziente sia allo stesso tempo sereno ma anche fortemente motivato a:
- Iniziare un trattamento farmacologico (solo se davvero necessario!)
- Fare cambiamenti importanti nel suo stile di vita (sempre necessario!)
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, l’opportunità va valutata caso per caso.
Per quanto riguarda invece il cambiamento dello stile di vita, vale praticamente sempre la regola che alimentazione e esercizio físico sono i 2 aspetti più importanti sui quali concentrarsi.
Vediamoli insieme, partendo dalla dieta per il prediabete.
La dieta del prediabete: cibi da evitare e cibi salutari
Una buona alimentazione nel prediabete debe considerare i seguenti punti
1. Riduzione, anche radicale, di zuccheri e carboidrati
Non si può indicare una dieta che vada bene per tutti, in quanto ogni paziente ha le sue peculiarità.
Certamente, però, chi soffre di prediabete deve cercare di evitare cibi che contengano zuccheri e carboidrati.
La mia sensazione è che il mondo medico sia attualmente troppo poco deciso su questo aspetto, dispensando consigli che forse andavano bene 30 anni fa, ma non oggi.
Francamente, leggere ancora tanti articoli che citano l’inutile luogo comune della “alimentazione equilibrata” nel prediabete mi sembra quasi ridicolo.
Davvero vogliamo dare il 45-60% di carboidrati a un soggetto insulino resistente? E’ semplicemente assurdo.
Il fatto è che un tempo, il tipico paziente prediabetico aveva più di 70 anni (non per niente si chiama “diabete senile”), e poteva quindi essere gestito con successo per diverso tempo anche lasciandogli nella dieta una quota di carboidrati relativamente alta.
Oggi il diabete senile spesso inizia a 50 anni, e ho pazienti che sono pre-diabetici già a 40 anni.
La mia opinione è che, in tutti questi casi precoci, o si interviene in maniera radicale con una dieta low carb e se necessario cheto, oppure questi pazienti andranno in contro negli anni ad enormi problemi metabolici.
In particolare, quando la situazione lo richiede – e lo richiede sempre più spesso – vanno eliminati o consumati solo ocasionalmente
- Riso, cereali, farina, pane, pasta, crackers, pizza, cereali anche integrali
- Zucchero bianco, zucchero di canna, sciroppo di agave, miele
- Birra e (quasi) tutti gli alcolici
- Patate e altri vegetali amidacei
- Succhi di frutta e frutta in generale (approfondisci su questo articolo come mai, in alcuni casi, la frutta non è sana come si pensa)
- Maionese, Ketchup, e tutte le altre salse confenzionate
- Cibi dietetici a basso contenuto di grassi (sono quasi sempre ad alto contenuto di carbo)
- Latte delattosato (approfondisci qua perchè il latte senza lattosio può essere un problema nel prediabetico)
- Fagioli, lenticchie, piselli, soia, legumi in generale
- Cioccolato, anche fondente
Nella lista, come vedi, ci sono diversi alimenti che sono considerati tradizionalmente salutari; non tutti, però, lo sono anche in condizioni di insulino resistenza (su questo articolo puoi approfondire il perché)
2. Consumare grassi sani.
Scegliere grassi sani è importante per la salute cardiovascolare e per il controllo del peso, e quindi per ridurre i fattori di rischi di malattie correlate al prediabete.
Sono da favorire i grassi monoinsaturi, come quelli presenti nell’olio d’oliva, nelle noci, nell’ avocado e negli alimenti a base di pesce.
Va invece fatta più attenzione ai grassi saturi, che sono sostanzialmente quelli di derivazione animale.
Orientati, per prima cosa, su prodotti ottenuti da animali alimentati al pascolo, i cosiddetti grass fed, perchè molto più sani rispetto agli omologhi nutriti con mangimi.
Allo stesso tempo, sopratutto se si sono eliminati zuccheri e carboidrati, non bisogna avere eccessiva paura di consumare alimenti che contengono grassi saturi come carne rossa, uova o burro.
Questo perchè spesso, le diete a basso contenuto di carboidrati migliorano di per sé il profilo lipidico dei pazienti!
La riduzione dei carboidrati, infatti, di solito abbatte il valore dei trigliceridi, e quindi quello delle VLDL (si tratta delle particelle di colesterolo più pericolose).
Inoltre, quando si eliminano snack e prodotti da forno industriali, si elimina anche una quantità molto significativa di grassi saturi (e trans) di pessima qualità.
Per questo, sopratutto quando un paziente deve perdere parecchio peso e ridurre la sua insulino resistenza, mi concentro per prima cosa sulla riduzione dei carboidrati, lasciandogli una (relativa) libertà sugli altri macronutrienti.
Saranno poi gli esami del sangue, dopo qualche mese, a indicarmi se fare – quando necessario – degli aggiustamenti nella sua dieta.
3. Evitare i grassi trans
Un discorso a parte, fra i grassi, lo meritano i grassi trans.
Vengono ottenuti attraverso un processo di idrogenazione, che trasforma gli oli vegetali in grassi solidi a temperatura ambiente, rendendoli più stabili e prolungando la durata di conservazione degli alimenti.
Per questa ragione, sono presenti in molti alimenti confezionati e prodotti da forno industriali.
Gli acidi grassi trans hanno una lunga lista di effetti negativi sul corpo, fra i quali spiccano l’aumento dell’insulino-resistenza (e quindi il prediabete) e le malattie cardiovascolari.
Poichè si tratta di prodotti sintetici, è fondamentale leggere attentamente le etichette degli alimenti per individuarne la presenza.
Il più famoso veicolo di grassi trans è la margarina: per decenni ci è stata venduta come l’alternativa vegetale e salutare al burro, salvo poi scoprire che faceva malissimo a causa dei grassi trans che contiene.
La cito giusto per ricordare a tutti che la medicina è tutt’altro che una scienza esatta, e che in generale tutti gli alimenti prodotti artificialmente possono nascondere insidie che neanche immaginiamo.
4. Consumare sufficienti proteine
Nel paziente diabetico con funzione renale compromessa, le proteine vanno mantenute basse.
Forse per questo, quando qualcuno si scopre prediabetico, pensa di dover per forza abbassare la sua quota proteica.
Se però il rene è ancora sano (e spesso, nel prediabete, lo è), di solito questo non è necessario.
Anzi: assumere una quantità adeguata di proteine aiuta a mantenere l’efficienza muscolare e a migliorarla se si associa – come si dovrebbe sempre fare – una buona attività física.
La perdita di massa muscolare e la diminuzione della sua efficienza fa invece aumentare l’insulino resistenza e favorisce un invecchiamento precoce.
Salvo ragioni cliniche specifiche, quindi, il paziente pre-diabetico non deve avere paura di assumere proteine di qualità da pesce, pollo, tacchino, uova e, in misura minore, carne rossa e latticini.
5. Darci dentro con le verdure
Grazie al loro contenuto in fibre, le verdure, soprattutto se consumate a inizio pasto, permettono un passaggio meno brusco dei carboidrati dall’intestino al sangue, ed aiutano quindi a controllare i livelli di glucoso ematico, abbassandone i picchi.
Oltre a questo, apportano vitamine e minerali, regolarizzano i movimenti intestinali, aiutano a mantenere un microbiota (l’insieme dei batteri benefici che vivono nel nostro apparato digerente) sano
Via libera, quindi, a un consumo abbondante di verdure per (quasi) tutti.
Perché dico quasi?
Perché anche le verdure, come qualunque altro alimento, in alcuni casi possono dare dei problemi.
Per approfondire l’argomento, vai a questo articolo sulle verdure da preferire in un regime low-carb.
6.Evitare sale e sodio in eccesso: una minaccia per il prediabete
Il sodio è un minerale essenziale che svolge diverse funzioni nel nostro corpo, tra cui il mantenimento dell’equilibrio idroelettrolitico e la regolazione della pressione sanguigna.
Quando il consumo di sodio è eccessivo, però, può portare all’ aumento della pressione, cosa che può peggiorare i danni del microcircolo renale tipici del diabete.
Ora, per controllare il sale, molti si preoccupano soprattutto di quello aggiunto a verdura, carne e pesce per insaporirli.
In realtà, però, moltissimo sale lo assumiamo da snack e prodotti da forno.
Pane, pasta, pizza, grissini, crackers, biscotti, salse, pop corn, alimenti conservati …. Se li rimuovi dalla tua dieta, cosa che spesso è necessaria per ridurre la glicemia, ecco che rimuovi anche un bel po’ di sale.
Non è affatto detto, quindi, che sia necessario non utilizzarlo come condimento! Come sempre, va valutato nel caso specifico.
7. Consumare condimenti e spezie che migliorano la sensibilità all’insulina.
Io non sono un fan degli integratori, perché:
- spesso vengono prescritti o assunti autonomamente a sproposito
- possono spingere chi li asume ad utilizzarli per compensare cattive abitudini, invece di cambiarle
Tuttavia, nel caso del controllo della glicemia, ci sono due alimenti che sicuramente vale la pena considerare di aggiungere alla tua dieta:
- l’aceto di mele (scopri perché in questo articolo)
- la curcumina
Attenzione però perché, come sempre, per alcune persone o in alcuni casi, anche l’aceto o una spezia di largo consumo possono dare effetti collaterali anche importanti.
Come per tutto il resto delle indicazioni, quindi, trova un medico o un nutrizionista di fiducia con il quale confrontarti prima di iniziare a prenderli.
Ma veniamo adesso al secondo aspetto fondamentale per il controllo del prediabete: l’attività física
Attività fisica per combattere il prediabete
Se un individuo è molto sedentario, come tra l’altro capita spesso fra chi è prediabetico, la cosa davvero fondamentale è iniziare a muoversi, in maniera costante, tutti i giorni.
Ricorda che il muscolo è un gran consumatore di glucosio!
Quindi, anche solo una caminata leggera dopo i pasti, permette di abbassare la glicemia nel sangue.
Quando poi si è integrato un minimo di esercizio físico nelle proprie attività quotidiane e si è recuperata una buona efficienza cardiovascolare, si può pensare di dedicarsi al tipo di attività física in genere più efficace per contrastare il prediabete: gli esercizi di forza muscolare, come per esempio i pesi o la ginnastica calistenica.
Questi infatti permettono di
- aumentare le dimensioni e il tono della muscolatura, aumentando di conseguenza la quantità di glucoso consumata durante la giornata
- migliorare l’efficienza del metabolismo muscolare a livello dei mitocondri. I mitocondri sono organuli presenti nelle cellule muscolari che svolgono un ruolo fondamentale nel metabolismo del glucoso. E infatti, in chi è affetto da prediabete, viene spesso riscontrata una diminuzione della funzione mitocondriale, che può invece ritornare normale grazie agli esercizi di forza.
Conclusioni: gestire il prediabete e, perché no, invertirlo!
Ricapitolando, la gestione efficace del pre-diabete richiede di:
- individuare i fattori di rischio che possono far sospettare il prediabete, e diminuirli ove possibile
- eseguire esami mirati, che tengano conto della scarsità dei sintomi e dei limiti della sola glicemia a digiuno
- sviluppare la consapevolezza che la progressione da prediabete a diabete non è inevitabile, ma può essere bloccata e invertita
- effettuare scelte alimentari che vadano oltre al luogo comune della “dieta equilibrata” e costituiscano invece un piano davvero efficiente ed adeguato rispetto all’età e alle condizioni del paziente
- incrementare l’attività física generale e inserire routine di allenamento della forza specificamente indirizzate a migliorare il metabolismo muscolare
- affiancarsi a un profesionista sanitario che possa individualizzare la terapia tenendo conto di tutte le specificità del paziente
Ricorda che il pre-diabete rappresenta un campanello d’allarme e una preziosa opportunità per modificare il tuo stile di vita e prevenire il diabete e le sue gravi complicanze.
Prenderlo sul serio, senza drammatizzare, può fare la differenza nel tuo futuro benessere.
Un saluto!