L’insulino-resistenza è il fenomeno per il quale le cellule diventano meno sensibili allo stimolo dell’insulina.

Come conseguenza, il glucosio si traferisce dal sangue alle cellule con più difficoltà e il pancreas, proprio per compensare questa difficoltà, aumenta la produzione di insulina stessa.

Questo meccanismo compensatorio, nel breve termine funziona molto bene e permette, fra le altre cose, di aumentare l’accumulo di tessuto adiposo.

Infatti, è stato selezionato durante l’evoluzione della nostra specie proprio per permetterci di affrontare periodi relativamente lunghi (settimane/mesi) di aumentato dispendio energetico, diminuzione della disponibilità di cibo, stress psicofisico e speciali condizioni fisiologiche (per es. la gravidanza, durante la quale un aumento dell’insulino-resistenza è molto tipico).

Se però si protrae per lungo tempo, l’insulino-resistenza porta all’instaurarsi di un circolo vizioso che favorisce lo sviluppo di un ampio spettro di condizioni patologiche: dal diabete ai problemi cardiocircolatori, dal sovrappeso alle malattie neuro-degenerative.

“Ma allora questa insulino-resistenza è terribile, dottore!”

Sì e no.

Se infatti vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, come spingo sempre i miei pazienti a fare, il fenomeno dell’insulino-resistenza è, per certi versi, una benedizione.

Essa, infatti:

  • Può precedere anche di anni le malattie che ho citato sopra
  • E’, quasi sempre, parzialmente o totalmente reversibile.

In questo senso, quindi, è un segnale precoce che – se individuato – consente di prevenire malattie più gravi, intervenendo per tempo su salute e peso del paziente.

Ma sto andando troppo avanti, facciamo prima un passo indietro e vediamo di spiegare perché viene l’insulino- resistenza.

Perché viene l’ insulino-resistenza

Alcune volte, a causare l’insulino-resistenza sono situazioni molto specifiche, come il morbo di Cushing o l’assunzione di corticosteroidi per motivi terapeutici.

Altre volte la si ritrova nel contesto di malattie complesse, come l’Ovaio Policistico o alcune disfunzioni ormonali.

La maggior parte delle volte, però, essa è più che altro dovuta ad una combinazione di fattori scatenanti che si innescano su una predisposizione famigliare.

Hai un genitore con il diabete? I tuoi nonni erano sovrappeso? Qualche parente soffre di malattie cardiovascolari? Tuo fratello ha la “pancia da bevitore” anche se è astemio?

E’ possibile, allora, che nei tuoi geni ci sia una alta predisposizione alla insulino-resistenza.

Questo però non significa affatto che anche tu debba sviluppare il diabete o altre malattie ad essa correlate.

A fare la differenza saranno soprattutto una serie di cause ambientali, come per esempio:

  • Scarsa attività fisica
  • Stress cronico
  • Mancanza di sonno
  • Steatosi epatica non alcolica
  • Sovrappeso e obesità
  • Prolungato ed eccessivo consumo di zuccheri e carboidrati
  • Insufficiente assunzione di grassi omega 3 e squilibrio Omega 6 / Omega 3

Se controlli questi fattori ambientali, vedremo fra poco come, anche in presenza di forte famigliarità per insulino- resistenza avrai comunque buone probabilità di non svilupparla.

In particolare, poi, se individui il problema nei suoi stadi iniziali. Vediamo allora qualche suggerimento per farlo.

Sono insulino-resistente?

La resistenza all’insulina può andare avanti per anni e anni in maniera sostanzialmente asintomatica, salvo poi venire diagnosticata quando ormai si è sviluppato il diabete o un’altra delle sue complicanze.

Ci sono però alcuni segni abbastanza tipici e molto evidenti – appaiono infatti proprio sulla pelle! – che fanno da campanello da allarme, e che quindi è bene tu conosca.

  • Acantosis nigricans: si tratta di un ispessimento e inscurimento della pelle che avviene soprattutto a livello delle pieghe del corpo. Quindi, per esempio, sulla parte posteriore del collo, sulle ascelle, sull’inguine. E’ probabilmente dovuta a una iperstimolazione dei melanociti dovuta proprio all’iperinsulinemia.
  • Comparsa di fibromi penduli: piccoli (1-5 millimetri) porri più o meno sporgenti, iperpigmentati, che appaiono soprattutto su tronco e arti.

Se, nel farti la doccia o guardarti allo specchio, vedi qualcosa che assomiglia a uno di questi due segni qui sopra, varrà sicuramente la pena andare dal medico e approfondire un po’ con degli esami ematochimici.

Ancora più utile, poi, per sospettare l’insulino-resistenza, è un … semplice metro da sarto!

Ci sono infatti alcune misure antropometriche, che puoi fare da solo in casa con un metro da sarto, e che possono darti una indicazione di rischio molto precoce.

Insulino-resistenza e misure corporee

Siamo tutti ossessionati col peso e la bilancia, ma in realtà le misure corporee ci danno spesso informazioni molto più accurate, e sono molto semplici da prendere.

Per quanto riguarda la sensibilità all’insulina, sono 3 le misure a cui devi fare attenzione:

1-Circonferenza addominale

Prendi la misura nel punto più stretto del tronco. Il rischio di insulino resisstenza è aumentato con irconferenza vita > 102 cm se sei un uomo e > 88 cm se sei donna

2 – Rapporto vita-fianchi

In questo caso, devi dividere la circonferenza della vita per quella dei fianchi. Il rischio aumenta quando il rapporto è maggiore di 0,9 per gli uomini e maggiore 0,85 per le donne. Quindi, per esempio, se sei una donna hai 90 cm di vita e 100 di fianchi, il rapporto è 90/100 = 0,9, che è maggiore di 0,85 -> hai aumentata probabiità di avere insulino resistenza.

3 – Rapporto altezza – vita

Dividi la circonferenza addominale per l’altezza. Il valore ottimale è 0,5, mentre da 0,55 in su aumenta il rischio di essere insulino-resistente. Se quindi sei un uomo alto 180 cm, con 90 cm di girovita hai rischio molto basso, mentre a 99 cominci ad avere un rischio significativo.

Queste misure sono facili da prendere e danno indicazioni di probabilità abbastanza affidabili. Per una diagnosi vera e propria però si possono fare anche degli esami di laboratorio.

Diagnosi di insulino-resistenza

Gli esami che più spesso vengono prescritti per valutare la sensibilità all’insulina sono:

  • Glicemia a digiuno
  • Livelli di emoglobina glicosilata, o HbA1C

Il primo ti da una fotografia della quantità di glucoso presente nel tuo sangue in un dato momento.

Il secondo, invece, ti da una idea molto precisa della quantità media di glucoso nel sangue durante le ultime 10-12 settimane.

Si tratta di esami economici, facili da realizzare ed abbastanza affidabili.

Il problema, però, è che quando questi esami mostrano valori elevati, l’insulino-resistenza normalmente va già avanti da anni e anni, e si è ormai evoluta nelle sue forme più gravi: prediabete e diabete.

Per questa ragione, quando si sospetta insulino-resistenza ma ci si ritrova davanti a valori di glicemia e di HbA1C normali, può valere la pena andare a misurare direttamente anche i livelli di insulina a digiuno nel sangue.

E poi, utilizzarli per calcolare quello che, attualmente, è il parametro più utile per calcolare l’insulino- resistenza: il HOMA-IR

Come funziona l’HOMA – IR

L’HOMA test misura due valori, la glicemia a digiuno e l’insulinemia a digiuno, e li utilizza per calcolare uno score che indica il grado di insulino-resistenza.

Il prezzo dell’esame non è elevato (intorno ai 40-50 euro) e per realizzarlo basta un semplice prelievo del sangue, esattamente come per la maggior parte degli altri esami ematochimici.

Se il tuo l’HOMA test è sotto 1, vuol dire che la tua sensibilità all’insulina è ottimale.

Fino a 2, l’insulino resistenza è accettabile, e la sua significatività va valutata anche sulla base di altri parametri, come per esempio l’età: un HOMA test di 2 in un paziente di 75 anni lo considero più che accettabile, mentre in un paziente di 25 anni è per me già un campanello di allarme.

Da 2.5 in su consiglio sempre di iniziare un intervento dietetico (o anche farmacologico, se i valori sono molto alti) per poi rivalutare nel tempo la situazione.

Come migliorare l’insulino-resistenza

I tre interventi cardine che aiutano a migliorare la sensibilità all’insulina sono:

  • Riduzione significativa e duratura dell’assunzione di carboidrati con la dieta.

La ragione, lo abbiamo visto, è insita nel meccanismo stesso con il quale si instaura l’insulino resistenza. Se troppi carboidrati assunti per troppo tempo la fanno aumentare, una loro drastica riduzione la farà diminuire.

Quanto drastica? Dipende dal tipo di carboidrati, dallo stato dell’insulino-resistenza, dalle caratteristiche cliniche del paziente, da altri fattori ambientali condizionanti. Per tutte queste ragioni, una terapia efficacia va impostata e monitorata da un esperto.

  • Perdita di peso, ed in particolare di grasso a livello addominale

Come abbiamo visto, il grasso addominale è, allo stesso tempo, causa e conseguenza di insulino resistenza. Non a caso, le misure antropometriche che abbiamo visto prima prevedono tutte il controllo della circonferenza addominale. Allo stesso modo non per caso, la sua diminuzione, che spesso avviene proprio come conseguenza della diminuzione di carboidrati nella dieta vista al punto 1, migliora la sensibilità periferica all’insulina.

  • Esercizio fisico, in particolare quello che sviluppa ipertrofia muscolare

Qualunque esercizio fisico, quando contribuisce a diminuire il peso e il grasso viscerale, può avere degli effetti positivi indiretti sulla insulino-resistenza. L’esercizio fisico, poi, può anche direttamente influenzare l’insulino resistenza, quando migliora l’efficienza metabolica del muscolo scheletrico. Questo capita soprattutto con gli esercizi che determinano ipertrofia muscolare, come per esempio i pesi. Molto meno efficaci, invece, sono i lunghi esercizi aerobici, come per esempio la corsa di resistenza. Questi, infatti, se da una parte possono migliorare l’efficienza cardiovascolare e diminuire il peso, dall’altra determinano uno stress molto alto per l’organismo, con conseguente aumento del cortisolo e quindi dell’insulino-resistenza. L’effetto netto, alla fine, è probabilmente positivo. Però diminuire l’esercizio aerobico per sostituirlo in parte con esercizi di ipertrofia muscolare può dare risultati ancora migliori.

Facendo le 3 cose di cui abbiamo appena parlato, credimi che si mette sotto controllo una grossa fetta del problema.

Quando poi questo non bastasse, gli altri interventi che normalmente consiglio sono:

  • Migliorare la qualità del sonno: se dormi poco e male, aumentano i tuoi livelli di cortisolo e diminuisce la sensibilità all’insulina. Quindi cerca di dormire a sufficienza e bene.
  • Diminuire lo stress: come per la mancanza di sonno, il troppo stress aumenta cronicamente la secrezione di cortisolo e predispone all’insulino resistenza. La meditazione, lo yoga, la risoluzione di conflitti lavorativi e famigliari, possono spesso migliorare le condizioni di stress cronico.
  • Aumentare il consumo di Curcuma, Zenzero, Cannella, Aglio: sono tutti condimenti gustosi ed in grado di migliorare la sensibilità all’insulina. In più costano poco e non hanno bisogno di prescrizione medica. Fatte salvo allergie o intolleranze, li consiglio a chiunque sia insulino-resistente.

Conclusioni: siamo tutti insulino-resistenti (?!?!)

L’insulino-resistenza è un meccanismo adattivo che, in un contesto ancestrale, ha favorito la nostra sopravvivenza, mentre nell’ambiente moderno, vista l’enorme disponibilità di zucchero e cibi raffinati, pone grandi rischi per la nostra salute.

Per questa ragione, essa è talmente diffusa che, fino a prova contraria, io tendo a considerare tutti come potenzialmente insulino-resistenti, per lo meno in un certo grado.

Siccome, poi, essa si evolve e peggiora per anni e anni in maniera spesso del tutto asintomatica, molti non la riconoscono o la sottovalutano.

Vedo troppi pazienti – e anche colleghi – che si accontentano di una glicemia a digiuno normale per escludere una condizione che, invece, può essere presente da anni.

Quando invece, riconoscerla per tempo non solo sarebbe relativamente facile ed economico, ma permetterebbe di salvare mote vite e prevenire molte patologie.

Per questa ragione, il mio punto di vista è che dovremmo vivere tutti come se fossimo insulino -resistenti, cosa che tra l’altro, in un certo senso, è vera.

Tanto più che farlo significa seguire alcune regole di comportamento che hanno sicuri benefici per la salute:

  • Porre attenzione ad aspetto e misure del proprio corpo
  • Fare periodicamente esami ematochimici di controllo
  • Mantenere il peso ideale, con particolare attenzione al grasso addominale
  • Limitare il consumo di zuccheri e carboidrati, in particolare raffinati
  • Mantenere la propria massa muscolare efficiente attraverso l’esercizio fisico

A presto!

Erik Gozzo

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L'autore dell'articolo è il Dott. Erik Gozzo

Medico Chirurgo.
Membro di Low Carb USA, vive e lavora fra Città del Messico e l’Italia
Esperto di nutrizione e comportamento, è autore del libro bestseller “Il Kata della volontà – Come ottenere una forza di volontà d’acciaio”
È coautore di “Carbo – Loop. Come spezzare il circolo vizioso che ci porta ad essere grassi, stanchi e sempre affamati”.

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